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Test per l’UX Writing: scopri se le tue parole funzionano

Maggio 11, 2019 da Andrea Fiacchi

test call to action

Come UX Writer, il nostro compito è scrivere testi e microtesti che ottengono risultati efficaci. I test per l’UX writing ci aiutano a dare valore all’utente che li userà e al cliente che ci ha scelti.

Nell’UX Writing abbiamo bisogno di capire quali sono i valori degli utenti, i loro desideri e bisogni per confezionare i testi e microtesti perfetti che permettere loro di ottenere quello che vogliono, in tempo breve e con la massima soddisfazione. Loro e del cliente.

UX e UI Designer hanno a disposizione molti strumenti per valutare l’efficacia e l’usabilità del design. Ma quali sono le frecce nell’arco di uno UX Writer per valutare se una Call To Action, un form o un messaggio di errore sono chiari per gli utenti e li aiutano a usare meglio il nostro sito?

I metodi per testare il contenuto

Ci sono diversi modi per testare il contenuto e cambiano in base alla fase del processo di sviluppo in cui ci troviamo, al tempo che abbiamo a disposizione, alle risorse, al tipo di materiale che vogliamo testare e agli scopi del nostro studio.

Con un tipo di test ci potremmo sentire più a nostro agio e con altri meno: la scelta di un metodo richiede anche una valutazione delle proprie attitudini.
Abbiamo già visto come si fanno i test dei contenuti per l’UX Writing.
Oggi scopriamo 6 test che ci aiutano a capire se le parole che abbiamo scelto funzionano davvero:

  1. Test di leggibilità
  2. Cloze test
  3. Test dell’evidenziatore
  4. Test di comprensione
  5. Test di usabilità delle parole
  6. A/B Test

Come scegliere i partecipanti ai test?

Quando facciamo dei test di comprensione, dobbiamo prestare molta attenzione a come recrutiamo i soggetti. Le persone che partecipano ai test devono essere rappresentative dei nostri veri utenti, altrimenti il test non funziona. 

Le persone del nostro ufficio non vanno bene. Fare test di comprensione con persone che condividono il nostro modello mentale aziendale e le nostre conoscenze non fornisce una misura affidabile della comprensione di un testo.

1. Test di leggibilità

Le formule di leggibilità misurano elementi misurabili delle parole in modo quantitativo, ad esempio la lunghezza delle parole e delle frasi. In questo modo prevedono il livello di difficoltà e di istruzione richiesto per poter capire il testo.

Esistono molte formule per misurare la leggibilità ma le differenze sono minime e potete usare quella che trovate più comoda (anche Word ha una sua formula).
I test di leggibilità più usati in italiano sono la formula di Flesch-Vacca e l’indice GULPEASE (Gruppo universitario linguistico pedagogico, presso l’Istituto di Filosofia dell’Università degli studi di Roma «La Sapienza»).

Se scrivi per un pubblico ampio (es. una pubblica amministrazione) o a dei consumatori non profilati, i testi devono avere valori di leggibilità inferiori all’80%, mentre se progetti un’applicazione dedicata a professionisti puoi scrivere testi con valori più elevati (livello di studi superiori).

Questi test sono un metodo rapido ed economico per sapere se il nostro testo è difficile (fai subito una prova da questo link).

Ricorda: sono test sul contenuto, non sulla comprensione. 

  • La leggibilità è una proprietà del contenuto stesso e predice il livello di istruzione di cui una persona ha bisogno per leggere il contenuto senza difficoltà.
  • La comprensione è una combinazione tra caratteristiche del testo e le caratteristiche del lettore e indica se un il nostro pubblico target capirà il significato del testo.

La comprensione dipende dalle conoscenze pregresse del lettore e dal suo modello mentale, oltre ad altre variabili situazionali come la capacità di prestare attenzione, l’emozione del momento, l’affaticamento cognitivo. 

Per lo UX writers i test di leggibilità hanno anche altri limiti:

  • Non considerano chi legge: lo stesso testo potrebbe essere facile o difficile in base al target di riferimento; se non conosciamo le persone per cui stiamo scrivendo e le loro capacità di lettura, un test di leggibilità serve a poco;
  • le formule sono basate su ricerche datate: i ragazzi oggi hanno capacità di lettura diverse rispetto ai loro coetanei delle precedenti generazioni, quindi potremmo star valutando la leggibilità con un metodo absoleto;
  • la leggibilità non garantisce l’attenzione del lettore anzi, forse la penalizza. Pensate al ritmo del testo: per mantenere l’attenzione dovremmo alternare frasi lunghe e corte, dare al testo un ritmo, una musicalità. La leggibilità premia invece solo le frasi brevi a discapito del ritmo.
  • la lingua si adatta continuamente ed espressioni gergali possono essere pane quotidiano di un target e completamente sconosciute ad un altro. Non c’entrano nemmeno gli anni di istruzione: riferimenti da film e musica possono essere facili da leggere ma incomprensibili per chi non il conosce.

2. Cloze test

Il cloze test (o cloze deletion test) è simile a quei giochi in cui devi indovinare la parola mancante in una frase.
È basato sulle teorie dell’organizzazione mentale sviluppate dalla scuola della Gestalt: cloze viene da closure (vicinanza), il meccanismo per cui gli individui completano automaticamente le forme incomplete.

Il cloze test è molto utile per capire se il tuo pubblico di riferimento capisce davvero cosa abbiamo scritto. Possiamo considerarlo un metodo storico: è usato infatti dal 1974, quando lo propose per la prima volta W. L. Taylor.

Come si fa un Cloze test

  1. Seleziona un testo e sostituisci con uno spazio vuoto una parola ogni N vocaboli. Più è più elevato N più il test è semplice. Per testi lunghi, usa 6 come valore di N (uno spazio vuoto ogni 6 parole), ma per i microtesti questo valore deve essere molto più basso e in linea con la lunghezza del microtesto;
  2. Chiedi ai partecipanti di leggere il testo così creato e di riempire gli spazi bianchi con la loro risposta migliore;
  3. Calcola il punteggio, cioè la percentuale delle risposte corrette. I sinonimi valgono, anzi, se un sinonimo ricorre frequentemente potrebbe essere la parola giusta, cioè quella più usata dai tuoi utenti.
    Se il punteggio ottenuto dai partecipanti è maggiore o uguale al 60%, il testo è comprensibile dal tuo target.

3. Test dell’evidenziatore

Questa tecnica è facile, veloce e permette di capire subito l’impatto dei contenuti sulle persone. 

È usata dal team di ricerca e sviluppo del portale Gov.uk, quindi per me è già un sinonimo di efficacia: è spiegato qui.

Con questo test possiamo capire come semplificare e chiarire la descrizione di un servizio o di un prodotto o un’istruzione tecnica. Possiamo quindi fare delle scelte sul modo di scrivere i nostri contenuti sulla base della ricerca con gli utenti, per aiutarli davvero nella comprensione. 

Nella sessione di ricerca chiediamo ai partecipanti di leggere i contenuti stampati su carta. Chiediamo di sottolineare in verde le cose che ispirano fiducia sul nostro servizio e in rosso le cose che non ispirano fiducia o confondono.

Finita la sessione ricerca sottolineiamo le frasi con il colore corrispondente a quello usato dai partecipanti; dopo aver ripetuto la procedura per tutti i partecipanti vedremo a occhio come il testo è stato interpretato dalle persone.
Le parti in verde scuro saranno quelle che hanno ispirato più fiducia; le parti in rosso scuro saranno le parti più critiche.

Come si fa un test dell’evidenziatore

  1. Scegli un contenuto da testare e determina i fattori da valutare (fiducia nel servizio, empatia con l’azienda, motivazione all’acquisto, etc…). Usa dei pennarelli colorati in base a questi fattori;
  2. Consegna ai partecipanti le stampe dei testi, i pennarelli colorati e le istruzioni su come marcare il testo; se testi più di un fattore (per es. fiducia e motivazione all’acquisto) usa due fogli diversi per ogni fattore, per evitare confusione nella marcatura;
  3. Calcola il risultato: il colore fornisce un colpo d’occhio immediato sulle parti che devono essere riscritte. Se volete un dato quantitativo, potete calcolare il numero di persone che hanno marcato una particolare parte del testo e fare delle statistiche.

Nell’esempio fatto in apertura il test riguardava la fiducia nel servizio (in verde) e la mancanza di fiducia (in rosso) ma possiamo usare altri fattori e altri colori per valutare gli stessi contenuti.
Possiamo anche chiedere agli utenti di commentarci le loro risposte e acquisire così altre informazioni sui loro pensieri e le loro emozioni.

4. Test di comprensione delle parole

Un test di comprensione è composto da domande che valutano se una persona ha compreso il testo che gli abbiamo sottoposto. Possiamo testare microtesti e intere pagine.

Come si fa un test di comprensione delle parole

  1. Seleziona le parole che vuoi testare. In caso di testi più lunghi decidi se dividerli in brani più brevi;
  2. Crea le domande basate su un possibile scenario (una lista di ottimi consigli su come creare le domande a scelta multipla sono suggerite da A List Apart);
  3. Consegna ai partecipanti una copia dei contenuti e il questionario. Non esagerare con le richieste: 20 minuti sono un tempo più che sufficiente per vedere se i vostri utenti hanno capito cose gli hai detto.
  4. Calcola il punteggio.
Come creare domande a scelta multipla che funzionano

Formula la domanda in forma positiva.
Inserisci una sola risposta corretta o una sola risposta migliore delle altre.
Inserisci da due a quattro risposte sbagliate ma plausibili (distrattori).
Fai in modo che le alternative si escludano a vicenda.
Non inserire indizi nelle domande.
Evita le risposte “tutte le precedenti” o “nessuna delle precedenti”.
Evita le parole “mai”, “sempre” e “solo”.

Esempio:
Scenario:  Vuoi acquistare online un abbonamento al servizio di trasporti pubblici di Milano. Dopo quando tempo dal pagamento diventa attivo il servizio?
Risposte:
Subito dopo il pagamento
Dopo 24 ore*
Dopo la ricezione dell’attestato di pagamento da parte di ATM
Dopo poche ore dal pagamento
Non lo so
(* questa è la risposta esatta secondo il sito ATM)

5. Test di usabilità delle parole

Un test di usabilità delle parole, dei testi e dei microtesti ci può dare delle informazioni utili su come gli utenti usano il contenuto per risolvere un problema. Ci permette quindi di capire come usano la loro conoscenza per comprendere le nuove informazioni presenti nel nostro testo.

Come si fa un test di usabilità?

  • Trova il compito adatto agli gli utenti e utile per gli obiettivi dell’azienda;
  • Crea un compito in cui l’utente deve usare la sua conoscenza per portarlo a termine;
  • Chiarisci ai partecipanti che non vuoi testare le loro abilità ma solo il contenuto.

Torniamo all’esempio del sito ATM. 

L’azienda trasporti propone diversi abbonamenti sulla base della tipologia di uso e di utente.
Un tipico test di usabilità ha l’obiettivo di scoprire se gli utenti compiono facilmente l’azione:

Esempio: Acquista un abbonamento mensile

Questo compito però non richiede all’utente di comprendere le informazioni sulla differenza tra le diverse proposte e scegliere quella più adatta a lui. Per i nostri scopi di UX writer non è di grande utilità. Funziona molto meglio il compito:

Seleziona l’abbonamento più economico per le tue necessità di viaggio.

Per terminare questo compito i partecipanti devono considerare il contenuto per scegliere la migliore proposta per loro. Durante il test chiedi agli utenti di spiegare quali esigenze di viaggio hanno per capire se hanno fatto la scelta giusta.

Chiedi ai partecipanti di pensare a voce alta mentre leggono il contenuto. Otterrai delle buone indicazioni su ciò che trovano fuorviante e perché.
In un mondo perfetto i lettori capirebbero il testo con una sola lettura… non viviamo in un mondo perfetto ma lo devono leggere più e più volte: cerchiamo perciò di renderlo più chiaro. Inoltre, chiediamogli di parafrasare ogni parte: in questo modo avremo degli indizi su come riscriverlo meglio.

Ricordati che per testare i contenuti con gli scenari e la parafrasi, dovresti avere un’idea della risposta giusta.
Non è necessario ma aiuta a non andare del tutto alla cieca.

6. A/B Test

Gli A/B test sono i test che prevedono due (o più) versioni alternative di uno stesso copy che vengono confrontate per valutare quale funziona meglio. 

Questi test forniscono una risposta “funziona/non funziona” ma non ci danno una risposta sul perché funziona. Non indicano nemmeno dove il testo è confuso o fuorviante.

Questi test sono utili per le landing page o per annunci e inserzioni di Google Ads o Facebook, dove è possibile testare il gradimento degli utenti alle diverse versioni.

Da un test sulle istruzioni, gli errori, i feedback e le informazioni tecniche ci aspettiamo invece una risposta sul come e perché funziona (o non funziona) l’interazione per poter intervenire e correggere il tiro.

Per concludere

Per sapere se le nostre parole funzionano, dobbiamo testarle.
Testare i contenuti non risolverà tutti i problemi, ma ci aiuterà ad avere le idee più chiare su cosa funziona delle nostre parole e sul perché.
Valuta il test adatto alla fase di lavorazione del vostro progetto: hai
a disposizione tanti metodi per valutare i contenuti.
Pensa a cosa vuoi sapere e se ti senti a disagio con un metodo, prima di scegliere.
Non si può testare tutto; seleziona attentamente le parti di contenuto più utili per i vostri utenti e per il vostro cliente.
Assicurati sempre che gli utenti capiscano che stai testando i contenuti, non le loro abilità.
Non protraerre una sessione di test oltre i 30 minuti… non stiamo cercando la formula per l’immortalità!

Sitografia

  • https://uxdesign.cc/testing-for-ux-writers-78158531179f
  • https://medium.com/capitalonedesign/when-should-we-turn-to-content-testing-429f8bddf622
  • https://userresearch.blog.gov.uk/2014/09/02/a-simple-technique-for-evaluating-content/
  • https://alistapart.com/article/testing-content
  • https://www.cmswire.com/digital-experience/why-readability-scores-are-killing-your-content/
  • https://uxstudioteam.com/ux-blog/ux-copywriting/?utm_source=submitsites&utm_campaign=submitsites
  • https://www.nngroup.com/articles/cloze-test-reading-comprehension/
  • https://www.nngroup.com/articles/writing-for-lower-literacy-users/

Test dei contenuti: parole efficaci per l’UX Writing

Marzo 21, 2019 da Andrea Fiacchi

Come faccio valutare se le parole che ho scritto sono davvero efficaci? In questo post ti parliamo di UX Writing e dei test sui contenuti, di cosa testare e quando farlo.

L’UX Writing è una tecnica di design dei contenuti data-driven e misurabile. Le parole che scegliamo per i testi e i microtesti sono progettate sulla base dei risultati della user research e sottoposte a vari test per verificare che siano usabili, ma anche che ci diano i risultati che ci aspettiamo in termini di traffico e conversioni.

Nel post Come si fanno i test dei contenuti per l’UX Writing abbiamo parlato di cosa sono i test sui contenuti, perché si fanno e cosa testiamo. Oggi parliamo invece di come si misurano i risultati più adatti a ogni fase di progetto.

Quando testiamo i nostri contenuti?

Come tutti i designer, anche gli UX Writer seguono progetti divisi per fasi. In particolare, queste fasi sono tre:

  • prima cioè all’inizio del processo di sviluppo;
  • durante, cioè nel corso dello sviluppo;
  • dopo: cioè alla fine dello sviluppo (semplice, no?).

Testare all’inizio dello sviluppo (Addio, lorem ipsum)

La regola dice: è meglio testare i contenuti e i microcontenuti appena possibile. Questo significa che già durante la creazione dei prototipi dovremmo sforzarci di creare i contenuti, e abbandonare l’abitudine di usare dei marca posto o il lorem ipsum.

Lorem ipsum esempio
(il famigerato Lorem Ipsum)

Lavorare da subito con contenuti reali ha due vantaggi:

  • aiuta a scoprire da subito se la conversazione che stiamo progettando funziona
  • aiuta i designer nello sviluppo dell’interfaccia (perché possono lavorare su spaziature e stili applicati al testo quasi definitivo).

Ovviamente siamo nella fase di prototipizzazione: i testi non devono ancora essere perfetti. Basta che siano sufficientemente strutturati da dare un’idea realistica di quello che diremo all’utente.

Sembra difficile vincere le resistenze del cliente e riuscire a ottenere contenuti sensati da subito. Ma spesso l’evidenza vince, e il cliente capisce da solo che sì, conviene a tutti.

Vediamo:
i test aiutano il cliente a capire quale tone of voice usare, talvolta con risultati sorprendenti.

ux writing e test dei contenuti
Jorge Guillen – Pixabay

Ho fatto molti test sulla riscrittura dei contenuti di un gruppo bancario, e lavorato su due tone of voice diversi: uno professionale e distaccato, e uno accattivante e user friendly.

Questo secondo stile era lontanissimo dalle indicazioni del committente. La richiesta di usare uno stile distaccato era dettata dall’ansia di sbagliare e osare troppo che dai valori dell’azienda.
Con mia sorpresa, il tone of voice scelto dopo i test è stato addirittura più innovativo e centrato sull’utente, e ha prodotto un ripensamento totale dell’approccio dell’azienda alle persone.

Potere della scrittura!

Metodi utili in questa fase: Test di leggibilità Cloze test.

Testare durante lo sviluppo (dare struttura)

In questa fase passiamo dal prototipo dei contenuti alla versione definitiva, rifiniamo le parole, diamo struttura alle frasi e all’intera organizzazione dei contenuti.

È la fase in cui sono più utili i test sul contenuto.

Il test può aiutarci a capire se le parole che usiamo nell’interazione con gli utenti si adattano agli obiettivi della comunicazione, se le parole che abbiamo scelto sono chiare e comprensibili o se invece confondono.

Possiamo scoprire che alcune parole sono incomprensibili per gli utenti o che le persone assegnano loro significato diverso da quello che immaginavamo.
Possiamo scoprire che la nostra ironia non fa ridere ma indispettisce gli utenti, raggiungendo così il risultato opposto a quello prefissato.

Metodi utili in questa fase: Cloze test, Test dell’evidenziatore, Test di comprensione

Testare alla fine dello sviluppo (tu chiamale se vuoi, emozioni)

Testare i contenuti al termine della fase di sviluppo ci aiuta a capire se le parole che abbiamo usato durante tutta la conversazione sono coerenti con gli obiettivi di comunicazione.

Probabilmente in questa fase non sarà possibile fare un test dei soli contenuti perché le parole sono incorporate nell’interfaccia e la valutazione riguarderà la navigazione generale del sito, dove testo e grafica contribuiscono alla comunicazione.

Un test che possiamo fare in questa fase è un test del tone of voice: facciamo leggere agli utenti tutti i testi dell’interfaccia (compresi gli errori e i messaggi email).
L’obiettivo è assicurarci di mantenere il nostro stile narrativo in tutte le interazioni con l’utente e lasciarlo con una buona impressione della nostra azienda. 
Per questo chiediamo alle persone come si sono sentite al termine della lettura di tutti i contenuti (senza interruzioni) e di descriverci l’emozione generale generata in loro da quanto hanno letto.

Non chiediamo di indicarci subito le parole che hanno provocato questa emozione.

Partiamo dal generale (l’emozione generata dalla comunicazione) per arrivare al particolare (frasi e parole che stimolano le sensazioni e le emozioni) e capire perché il nostro contenuto provoca quella particolare emozione.

Metodi utili in questa fase: Test del tone of voice, Test di usabilità dei contenuti

Una piccola avvertenza: i test del contenuto non ci danno risposte sull’architettura informativa, la gerarchia dei contenuti, la formattazione e gli aspetti visivi del layout. 
Per rispondere a queste domande servono dei test di usabilità più o meno complessi. Per farli in modo facile ma efficace si può leggere Rocket surgery made easy di Steve Krugg (lo trovi qui sotto!).

Come si fanno i test nell’UX Writing

Febbraio 26, 2019 da Andrea Fiacchi

Test dei contenuti per l'UX Writing

Come testare i tuoi contenuti, creare una conversazione con i clienti e a valutare l’efficacia delle parole. Per UX Writer e copy che amano sperimentare  

Come direbbe Amelie Poulain, agli UX writers piace valutare il loro lavoro e misurare la loro efficacia. Vogliono sapere se le parole che hanno scelto, la loro sequenza o il tone of voice sono adatti ai loro clienti perché sono al servizio dell’utente e “la loro soddisfazione è il loro miglior premio”.

Ma come testare i testi dello UX Writing? Basta un test di leggibilità o un test di usabilità generale? O serve qualcosa di diverso?

I test dei contenuti per l’UX writing hanno obiettivi diversi sia rispetto ai test di leggibilità che a quelli di usabilità.

I test  di leggibilità ci aiutano a capire quanto è difficile un testo e quanti anni di studio sono necessari per capirlo. Non ci dicono se il contenuto è adatto al nostro target di riferimento e se mantiene il tone of voice scelto.
Come sanno tutti quelli che scrivono per un’azienda, ogni parola deve riflettere il linguaggio e il pensiero codificato dalla guida di stile aziendale.

I test di usabilità ci aiutano a capire se un’interfaccia è facile da usare. La facilità d’uso deriva da un insieme di fattori che lavorano in sinergia e il testo è solo un aspetto di questo mix. A volte troviamo interfacce efficaci con testi difficili o sbagliati: il design copre queste debolezze. 

Perché fare il test dei contenuti?

I test sul contenuto chiedono all’utente di analizzare soltanto le parole – non la grafica né le interazioni. Sono fondamentali per chi scrive parole per le interfacce digitali (UX Writer, technical writer o content designer), ma non solo.

Possiamo pensare il test del contenuto come una specie di prototipo della conversazione che vorremmo avere con l’utente.

I test sul contenuto ci aiutano a capire la conversazione che stiamo conducendo con i clienti in generale e in ogni specifico passaggio. Il risultato fa scoprire il contesto della conversazione e questo contesto guiderà il design della customer experience.

In un test del contenuto di solito presentiamo all’utente un testo su carta e valutiamo come e cosa comunica. Possiamo usare diverse tecniche anche in base alla fase di progettazione nella quale ci troviamo e alle domande a cui vogliamo rispondere.

I test possono aiutarci a rispondere a queste domande:

  • Il contenuto è adeguato per il target?
  • Le persone capiscono quello che abbiamo scritto?
  • La progressione dell’informazione che abbiamo pensato è utile per l’utente?
  • Quali touchpoint servono? Cosa dobbiamo dire all’utente in ogni fase?
  • Il contesto che pensiamo sia necessario si sposa con il modello mentale dell’utente? 
  • Cosa pensano di questa tema i nostri clienti? Che parole usano?
  • Quali principi dobbiamo considerare mentre scriviamo i contenuti? Quelli che abbiamo immaginato sono corretti?

Come tutti i metodi di ricerca, dobbiamo usare il test sul contenuto se pensiamo sia utile per il nostro progetto e per le domande che abbiamo in mente.

Cosa testare

Non è possibile testare ogni frase, call to action o pagina. Selezioniamo i contenuti critici per la tua impresa e testiamo quelli.

Se abbiamo dei problemi con il servizio di assistenza, ad esempio, testiamo solo quella parte del sito. In generale, se conduciamo i test dopo la messa online, ci concentriamo su quello che non funziona.

Le domande da non fare

Alcune domande non sono utili per i nostri obiettivi.

La prima è “Ti piace quello che hai letto?”
La gradevolezza dei testi è una misura che piace al marketing e alla promozione ma a noi non dice nulla.
Una persona potrebbe trovare gradevole un testo che in realtà non ha capito e che non la aiuta a compiere le azioni che deve fare. E anche se fosse efficace, non sapremmo cosa funziona di quel testo.

La seconda domanda che non ci aiuta è “Trovi chiaro quello che hai letto?”
Leggere è un’attività complessa e per certi versi innaturale.
Il cervello umano non si è sviluppato per leggere, ha dovuto adattarsi ed è per questo che impariamo a leggere con tanta fatica.
Leggere prevede due operazioni distinte:
1. decodificare i simboli (e assegnare loro un significato);
2. comprendere il senso del testo.

Se chiediamo agli utenti se hanno capito quello che hanno letto potrebbero rispondere di sì, perché hanno decodificato i simboli e hanno dato un senso alle parole. Potrebbero però non aver compreso il senso generale del testo o alcuni suoi passaggi sottili.
La sensazione di leggere comprendendo il testo ma non il significato è d’altronde un’esperienza abbastanza comune, soprattutto quando siamo molto stanchi.

(fine parte I – continua)

Psicologia dei microtesti e dell’UX Writing

Gennaio 17, 2019 da Andrea Fiacchi

I tre principi neuroscientifici dei microtesti sono chiarezza, amicizia, espressività e sono semplici e difficili nello stesso tempo.

Semplici perché perché li comprendiamo e li ricordiamo facilmente. Difficili perché metterli in pratica richiede un grande lavoro.
Andiamo a scoprirli insieme.

Tre principi neuroscientifici

Ben Hersh, designer di Dropbox e Medium, ha condiviso la sua ricerca di principi guida per l’UX writer. In questo articolo parla della psicologia dei microtesti e dei 3 principi generali alla base della scrittura efficace nell’UX writing, come i 10 principi di Dieter Rams sono alla base del design.
Li abbiamo riletti a partire dai principi cognitivi che li guidano.

I tre principi dei microtesti e dell’UX Writing sono estratti da osservazioni neuroscientifiche e organizzati in modo gerarchico.
Sono semplici da ricordare e da spiegare, perché li capiamo immediatamente. Ma sono difficili da mettere in pratica: arrivare alla sostanza delle cose è una sfida eroica, come la ricerca di essenzialità di Picasso (ricordate la frase: “ho impiegato tutta la vita per dipingere come un bambino”?).

I tre principi dei microtesti
I 3 principi dei microtesti

Chiarezza

Se una persona non capisce il messaggio che le invio, la conversazione muore sul nascere.
La chiarezza è uno dei tre principi dei microtesti e dell’UX Writing.
Non solo dei microtesti e dell’UX Writing: lo scrivere chiaro (o plain language) ha vantaggi per tutti i lettori. Quindi per tutti.

Come faccio a migliorare la chiarezza? Su cosa devo puntare? L’articolo di Hersh propone di lavorare sul lessico e la sintassi.

L’analisi dell’elettro-encefalogramma dimostra che quando leggiamo, le aree senso-motorie del nostro cervello lavorano come se stessi parlando davvero, cioè come se stessi muovendo i muscoli della lingua e della bocca.  Se scriviamo parole complesse e difficili da pronunciare, il nostro cervello fa più fatica.
Lo stesso vale per le frasi intere: se scriviamo degli scioglilingua, le persone che ci leggono devono impegnarsi molto nella lettura e spendere molte energie.

Probabilmente si stancheranno e si sposteranno su qualche sito più leggibile.

Consigli di lettura
Nei corsi di scrittura, troviamo sempre Italo Calvino come esempio di chiarezza e leggerezza. Credo che un content writer dovrebbe conoscere, leggere e imparare a memoria anche un altro autore: Goffredo Parise.
Negli anni ’70 Parise scrisse i
Sillabari: a ogni lettera dell’alfabeto corrisponde un’emozione, raccontata attraverso una breve storia; un capolavoro di sintesi, scelta delle parole e selezione dell’essenziale.

Amicizia

L’amicizia è il secondo dei tre principi dei microtesti e dell’UX Writing.

Le aziende cercano di creare un senso di familiarità con gli utenti per spostare il rapporto da un ambiente commerciale freddo a un accogliente e caldo ambiente domestico.

Sappiamo dagli studi di psicologia sociale che utilizziamo due diverse categorie di regole per gli scambi interpersonali: quelle di mercato e quelle sociali.

  • Le regole di mercato dicono che a un prodotto/servizio corrisponde un prezzo. Paghi e ottieni il prodotto che vuoi; non devi entrare in relazione con nessuno (l’e-commerce è un esempio perfetto);
  • Le regole sociali dicono che per ottenere qualcosa devi aver costruito un rapporto con una persona: puoi chiedere un aiuto per dipingere la tua casa a un amico ma non a uno sconosciuto.

È dimostrato che le persone sono più motivate quando la richieste comporta il rispetto di una regola sociale: preferiamo dare una mano con il trasloco a un amico gratis piuttosto che fare lo stesso trasloco a pagamento per uno sconosciuto.

Le aziende vogliono essere nostre amiche, migliorarci la vita perché sanno che a un amico non si dice di no e di conseguenza saremo più disposti a comprare i loro prodotti, tollerare la loro invadenza, sorvolare sui loro ritardi, eccetera.

Usare un tono di voce (tone of voice) amichevole è quindi il primo passo per creare un rapporto di familiarità con le persone, da alimentare scambio dopo scambio.

Homepage di spotify
Homepage dell’app mobile di Spotify

Il tono di voce di Spotify è quello di un amico che ti suggerisce di passare del tempo con lui a sentire un po’ di musica. Non sentiamo la voce impersonale del software.

Chatbot di Spotify
Chatbot di LiveChat

In questa chat aziendale su LiveChat, il bot ha un tono molto formale e arcaico, in contrasto con il mezzo di comunicazione che usa. E non c’è la coerenza tra il lei del testo nel box (Salve, se ha necessità di maggiori dettagli mi ritenga a sua disposizione) e il tu del placeholder (scrivi qui il tuo messaggio).

Consigli di lettura
Un buon metodo per trovare il tono di voce per l’UX writing è nel libro di Kinneret Yifrah: Microcopy, the complete guide.
Anche in italiano c’è un bel libro sul tono di voce che parla proprio di testi aziendali (e non solo):
Testi che parlano di Valentina Falcinelli.

Espressività

L’articolo di Hersh consiglia di pensare alla personalità della vostra azienda, e far emergere la voce da quella personalità.

L’espressività è l’ultimo dei principi dei microtesti e dell’UX Writing.
Azienda siamo anche noi quando facciamo personal branding, come professionisti di un settore e non solo un’impresa con partita IVA e dipendenti.

Per dare espressività alla nostra voce può essere utile costruire una persona o un character con tutte le caratteristiche che ci sembrano importanti per definirlo nei minimi dettagli. 
Le personas e i charachter ci aiutano a costruire dei personaggi fittizi ma dotati di interessi e motivazioni reali: saranno loro gli utenti finali della nostra comunicazione.
Creare questi personaggi ci consentirà di immedesimarci facilmente nel tono di voce che desideriamo, e parlare in modo coerente quando interagiamo con le persone.

Dobbiamo ricordare che le persone hanno l’orecchio allenato a riconoscere la “voce” degli altri e si accorgono di quando mentiamo.
Le ricerche dell’università di Emory infatti dimostrano che l’idea che ci facciamo su chi scrive cambia il nostro modo di leggere.

Consigli di lettura
C’è un bel post di Vincent Xia su Medium su come creare le personas, passo dopo passo.
In italiano c’è il blog di
Maria Cristina Lavazza che parla di personas, e in particolare questo post.
Sui character mi piace molto
questo post di Alan Klement.

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