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Officina Microtesti

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Valentina Di Michele

In Italia c’è lavoro per gli UX Writer?

Ottobre 2, 2019 da Valentina Di Michele

Esattamente un anno fa è nata Officina Microtesti. Dopo un anno di lavoro nel settore della scrittura per la user experience, siamo pronti a dire la nostra sulla domanda che ci rivolgono più spesso:
“Ma in Italia c’è lavoro per gli UX Writer?”

Per sapere la risposta dovrai arrivare alla fine di questo articolo.
Se hai fretta, posso dirti che qualcosa da fare per gli UX Writer ci sarebbe, ma bisogna ancora lavorare un po’ perché le aziende lo riconoscano.

Perché le cose cambiano se cambiamo anche noi.

Noi e l’UX Writing, dall’inizio

Quando a ottobre 2018 abbiamo deciso di partire con uno studio iper specializzato nella progettazione di esperienze verbali eravamo i primi in Italia.
Essere i primi per ordine di tempo non significa avere inventato una professione o delle attività. Andrea Fiacchi si occupava di progettazione di contenuti per la user experience e neuroscienze e io di content strategy da almeno vent’anni, e anche in questo campo, non eravamo né i primi né gli ultimi, né i migliori né i peggiori.

Conoscevamo però il panorama digitale italiano e pensavamo che mancasse uno spazio interamente dedicato alle neuroscienze e la scrittura per la UX, e ci siamo buttati.
In un anno di lavoro, abbiamo imparato molte cose anche sul mercato del lavoro in Italia.

Cosa fa uno studio di UX Writing e Behavioral Design

Il giorno in cui abbiamo “battezzato” Officina Microtesti stavamo lavorando a un progetto di UX Writing (un’app di educazione finanziaria).
Andrea curava la progettazione cognitiva (il design comportamentale o behavioral design) e l’architettura dell’informazione, io i contenuti e il punto di vista marketing.
Prima ancora, i lavori di scrittura per la user experience erano arrivati perché ci conoscevano già come freelance o grazie a società di user research e user experience con le quali collaboravamo da tempo.

L’elemento comune a tutti era la richiesta di progettare l’esperienza verbale. Non di riscrivere i testi insomma (ne parliamo fra due scroll di mouse), ma di analizzare il contesto e i dati di ricerca e dare un senso diverso al prodotto o al servizio con contenuti adeguati allo stato d’animo, ai pensieri, alle emozioni e agli eventi di avvicinamento degli utenti di quel prodotto o servizio.

Un giorno, sono rimasta ferma su un microtesto per due ore. Avevo bisogno di aiuto e non sapevo a chi chiederlo, perché era un testo tecnico e richiedeva delle competenze molto specifiche.

Su Facebook esisteva già una community internazionale di Microcopy & UX Writing, ma era in inglese.
E allora ho pensato di aprire una community italiana, che si è subito popolata di grandi professionisti italiani della scrittura e della UX: insomma, il posto perfetto dove scambiare proposte e farsi compagnia.

Foto: Goian su Unsplash

Offerte di lavoro per UX Writer

Durante questi mesi di vita di community e ricerche, ho scoperto che in Italia ci sono poche figure di UX Writer all’interno delle aziende.
Sono soprattutto in società di UX o di consulenza digitale e in aziende strutturate o multinazionali, in particolare e-commerce.

Molte persone che ho conosciuto progettano e scrivono contenuti e microcontenuti per i siti web o app, o si occupano di localizzare contenuti dall’inglese o altre lingue. Alcuni sono designer o sviluppatori che scrivono, o business o technical writer che conoscono da sempre le regole dell’UX Writing perché, oltre i sensazionalismi, nulla si crea e nulla si distrugge.

In 8 mesi di gestione della community, ho ricevuto e condiviso 12 offerte di lavoro per UX Writer. Sono poche o molte?
Dipende. Non sono moltissime, ma la notizia più impressionante è che in 6 casi è stato molto difficile per chi le ha pubblicate trovare professionisti adatti. Se in 2 casi la difficoltà era legata alla geolocalizzazione (la sede di lavoro era lontana) o all’offerta contrattuale (impegno full-time o di consulenza), per 4 il problema è stato la mancanza di background e competenze adeguate.

Qui esce il nerd in me: se ci attenessimo solo alla matematica, potremmo dire che un terzo della domanda non ha trovato offerta, indipendentemente dalla proposta economica (in alcuni casi sarebbe stata basata sull’effettiva competenza).

Per quanto riguarda i progetti che gestiamo come Officina Microtesti, su 12 preventivi solo 3 ci chiedevano di riscrivere testi e microtesti.
Le richieste ci sono arrivate da aziende multinazionali ma anche da studi di design italiani: abbiamo prodotto un mare di casi di studio che pubblicheremo nel 2020 (eh, la privacy).

In Italia c’è lavoro per gli UX Writer?

Vengo subito al punto: dipende.

Il lavoro di UX Writer non è ancora una pratica da agenzia di web design o di copywriting tradizionali.

Le offerte di impiego fisso sono poche, e quando capitano bisognerebbe coglierle al volo, perché arrivano di solito da società solide con una altrettanto solida organizzazione del team di progetto.
Probabilmente il ruolo non sarà solo di UX Writer: in questo articolo scoprirai che in Italia lo famo strano, e che se all’estero lo UX Writer fa solo lo UX Writer, da noi è anche content designer e architetto dell’informazione.
Se sei abituato al copy di agenzia, dovrai avere anche altre competenze.

Foto: Gaelle Marcel su Unsplash

E allora mollo tutto?

No, ma come dice mio padre, amore è conoscenza.

Se vogliamo che questo ruolo diventi prima visibile e poi attraente per le aziende, dobbiamo farlo bene. Veramente bene.

Non sarò diplomatica: non ci si ricicla UX Writer senza studiare.
Perché in generale in qualsiasi professione non ci ricicla senza studiare.

Le aziende che hanno contattato Officina Microtesti in questo primo anno avevano un’idea chiara di cosa avevano bisogno: un’idea più vicina alla UX che alla scrittura.
A volte ho pensato che avessero più bisogno dell’UX che del Writing, del design comportamentale più che del content design.

Se vuoi diventare uno UX Writer

Ti do qualche consiglio non richiesto, ma forse ti sarà utile.

Se vuoi diventare uno UX Writer, e magari partire da consulente per poi passare a un contratto diverso, non puoi limitarti a scrivere Call To Action e moduli simpatici e persuasivi.

Lo UX Writer è un ruolo difficile. È una rogna lavorare con i designer. Gli sviluppatori li faresti a pezzetti piccolissimi, da mettere in una valigia sepolta in cantina. Quando ci sono il team di marketing o di prodotto, volano gli insulti.

Questo devi saperlo, perché il tuo ruolo sarà in un gruppo più o meno complesso, e sarà sempre e comunque arduo fare da ponte tra la ricerca e il design, e anche se sei un pezzo del design non sarà semplice essere riconosciuto.

E la difficoltà non finirà con le relazioni interpersonali, perché dovrai convincere gli altri con la bontà della tua proposta lavorando su testi difficili.

  • Dovrai conoscere la progettazione user-centered e le basi cognitive della user experience, che in realtà sono le basi di come funzionano tutte le persone, nel digitale e nella vita reale;
  • Dovrai racchiudere in tre parole la rassicurazione per la persona esasperata alla quale hanno cancellato l’unico autobus che la riportava a casa di sera, senza farti odiare;
  • Dovrai sapere come ci si sente quando la lunga procedura di prenotazione di un viaggio genera un messaggio di errore;
  • Dovrai imparare a usare parole che guidano, che spesso non sono né simpatiche, né persuasive, né wow.

Anzi, a volte saranno così trasparenti che chi le leggerà si ritroverà a fare delle azioni quasi inconsapevoli, e sarà quello il tuo maggiore successo.

Pensi di farcela? Io penso che generare circoli virtuosi faccia bene a tutti. Per questo c’è il gruppo Microcopy & UX Writing Italia, facciamo anche eventi e molto altro.

Vieni?

Il principio dello spacchettamento e lo shopping online

Gennaio 10, 2019 da Valentina Di Michele

Tra due prodotti in un e-shop, sceglieresti quello con una descrizione più precisa o quello raccontato in poche righe?

Le persone tendono a scegliere i prodotti che hanno una presentazione più dettagliata: lo facciamo per un pregiudizio cognitivo chiamato principio dello spacchettamento, e ci spiega perché il content di valore fa sempre la differenza.

Qualche giorno fa cercavo online un paio di calze da trekking. Sono un prodotto tecnico, e hanno caratteristiche che in escursioni lunghe o impegnative possono fare la differenza.
Avevo in mente alcuni requisiti minimi, e dopo una ricerca estenuante e un numero impossibile di schede prodotto, ho trovato quelle che facevano per me.

Cosa mi ha convinto a scegliere?
A mente fredda, direi la percezione della qualità del prodotto e il rapporto qualità/prezzo vantaggioso.

Questo, però, non è del tutto vero.
Tra i prodotti di brand che non conoscevo e a parità di prezzo, ho scelto le calze che avevano la descrizione più dettagliata e che contenevano i requisiti che avevo in mente e molti altri ai quali non avevo pensato.

Il principio dello Spacchettamento

Il motivo della mia scelta è un bias cognitivo, una valutazione di una situazione che la nostra mente basa su esperienze passate e che ci permette di creare un “repertorio” di giudizi prêt-a-porter.
Il Principio dello Spacchettamento (o unpacking principle) è il bias che ci fa pensare che la descrizione più ricca corrisponda a una esperienza più ricca.

Anzi, l’abbondanza di dettagli mi ha fatto pensare che le calze che ho scelto:

  1. avevano tutti i requisiti che volevo;
  2. che rispetto alle altre, avevano anche altre caratteristiche interessanti;
  3. che dati tutti gli aspetti elencati nella scheda, il prezzo era più vantaggioso delle altre.

La scheda delle calze da trekking che ho acquistato mi dice:

  • per quale uso sono pensate, e cioè a cosa servono, che in termini di user experience è già una delizia del palato;
  • il motivo per cui dovrei acquistarle. I vantaggi: sono leggere e termoisolanti e dato che siamo ai saldi invernali per me è musica;
  • le caratteristiche di composizione: materiale e cuciture, così da soddisfare la mia sete di informazioni da nerd di nicchia;
  • i fronzoli: colore e altre variabili che mi rendono più chic anche quando sudo.
Spacchettamento e e-commerce
Il principio dello spacchettamento nell’e-commerce

Tra le schede dei prodotti che non ho acquistato ce n’è una che mi aveva convinto per l’immagine, perché la forma delle calze mi piaceva ma non aveva dettagli a supporto. Costava anche qualcosa meno, aveva un marchio dal nome convincente che richiamava l’esperienza nel trekking.

Mi piaci, sei brava ma per me è no.

Calzini e ecommerce
Il principio dello spacchettamento nell’e-commerce

I microtesti fanno la differenza

Potrei generalizzare e dire che il contenuto fa la differenza: sarebbe vero comunque.
I microtesti o UX Writing sono i testi brevi che troviamo nelle schede prodotto, quelli che mi hanno spinto all’acquisto.
Insieme alla struttura e alle immagini hanno il compito ingrato di convincermi a compiere un’operazione.

Il contenuto di qualità fa davvero la differenza perché riesce a raccontare in uno spazio ridotto quello che voglio sentirmi dire.

Che quel prodotto o servizio è giusto per me, che è quello che cercavo e che mi restituirà più di quello che chiedevo.

Lieto fine?

Le calze che ho acquistato arrivano domani (se ne hai bisogno, io le ho cercate qui). Finalmente scoprirò se potrò continuare a voler bene all’UX Writer o Product manager o la persona di qualsiasi ruolo che ha scritto la descrizione.

Il Principio dello Spacchettamento mi ha convinto a scegliere il tanto al posto del poco, ma questo non mi dice se il prodotto abbia in realtà la qualità migliore.

Abbiamo anche una morale della favola: scrivi bene. Il resto verrà.

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